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Notizie

22|02

2021

di Andrea Ferrarini

Anticorruzione

Prima e dopo la corruzione

Una definizione di “RISCHIO” che non ha avuto fortuna

Siamo abituati a pensare al rischio come ad una eventualità. Se c’è ghiaccio esiste il rischio di cadere e di subire un danno. La caduta è l’evento critico che attraverso una buona gestione del rischio noi speriamo di prevenire: “Mettiti le scarpe giuste!” direbbero le mamme…

Ma la caduta è un evento piuttosto lineare. Altri eventi lo sono un po’ meno. La corruzione,  in particolare, è un evento piuttosto sfuggente. Anche nell’ambito della corruzione, come sappiamo, siamo abituati oramai a ragionare in termini di rischio. Diversamente dal rischio di caduta, tuttavia, proprio per la particolare complessità del fenomeno - si tratta di scongiurare una “caduta” di interessi primari - si preferisce adottare un approccio “probabilistico”. Piuttosto che preoccuparsi di qualificare l’evento (di quale “caduta” stiamo parlando?) si occupa di valutare la probabilità e l’impatto di tale evento.

La definizione di rischio che è comunemente adottata dagli standard internazionali è la seguente: “Il rischio è l’effetto dell’incertezza sugli obiettivi. Un effetto è uno scostamento (positivo o negativo) da un risultato atteso. L’incertezza è uno stato anche parziale, di assenza di informazioni relative alla comprensione di un evento, delle sue conseguenze e della sua verosimiglianza”. (ISO 31000:2018)

Questa definizione non ha avuto grande fortuna. Ha resistito ad una serie di critiche sulla scarsa logicità dell’assunto[1]. E poi sappiamo che definire cosa è un rischio è una delle sfide più frustranti della storia. Se volete approfondire potete consultare un interessante articolo[2] a cura di Marco Carbonelli.

Ma a noi questa definizione piace perché non cede alla semplificazione. Sarebbe bastato, come fanno molti, definire il rischio come la probabilità di un evento per poi concentrare tutta l’azione sulla riduzione della probabilità dando per scontata la conoscenza dell’evento.

Invece quella definizione ha una sua ambizione, Introduce il concetto di “incertezza” che viene qualificata come una condizione di “asimmetria informativa” in cui versa l’osservatore (l’analista del rischio) quando affronta un fenomeno (evento). L’attenzione, pertanto, è alla comprensione dell’evento: “L’incertezza è uno stato anche parziale, di assenza di informazioni relative alla comprensione di un evento”.

Per sintetizzare potremmo affermare che se riduciamo la nostra azione alla valutazione della probabilità ed impatto di un evento, dandone per scontata la nostra conoscenza, allora rischiamo di mettere in campo soluzioni inefficaci o addirittura controproducenti. Se, invece, rimaniamo umili e partiamo dalla comprensione dell’evento, allora, forse, le nostre azioni di mitigazione potrebbe avere maggiore speranza di successo.

Ora, siamo così sicuri che il particolare evento chiamato “corruzione” sia così chiaro ai nostri occhi?

L’incertezza dell’evento: la corruzione descritta nei PNA.

Quante volte nei corsi di formazione, nei convegni, nei rapporti delle Autorità  o in qualsiasi altra occasione si parli di corruzione si dà per scontata la conoscenza del fenomeno?

Dal 2012 ad oggi, nei PNA abbiamo trovato diverse definizioni, dirette o indirette, di corruzione. Tutte queste definizioni hanno una sola caratteristica in comune: non si riferiscono a condotte penalmente rilevanti.

  • PNA 2013: corruzione = “situazione in cui, nel corso dell’attività amministrativa, si riscontra l’abuso da parte di un soggetto del potere a lui affidato al fine di ottenere vantaggi privati” [situazione, abuso di potere, vantaggi privati]
  • PNA 2015: corruzione = “maladministration” = “assunzione di decisioni devianti dalla cura dell’interesse generale a causa del condizionamento improprio da parte di interessi particolari” [decisione, deviazione, interessi particolari]
  • PNA 2016: il PTPC deve:
    • ridurre ogni spazio possibile “all’azione di interessi particolari volti all’improprio condizionamento delle decisioni pubbliche” [decisione, condizionamento improprio, interessi particolari]
    • garantire la posizione di imparzialità del funzionario pubblico che partecipa ad una decisione amministrativa” [decisione, caduta dell’imparzialità]
  • PNA 2017: corruzione = assunzione di decisioni devianti dalla cura dell’interesse generale a causa di condizionamenti impropri” [decisione, deviazione, interessi impropri]
  • PNA 2019: Finalità del PTPCT è quella di identificare le misure organizzative volte a contenere il rischio di assunzione di decisioni non imparziali. [decisioni, caduta dell’imparzialità]

L’incertezza dell’evento: Principali e Agenti.

Un altro modo di identificare gli eventi corruttivi è ricondurli a un fenomeno che non è tipico delle pubbliche amministrazioni, ma diffuso in tutte le relazioni di delega: l’azzardo morale.

L’azzardo morale è studiato dalla Teoria dell’Agenzia, che studia le dinamiche e i costi della relazione che lega un Principale all’Agente cui ha delegato la promozione dei propri interessi.

L’interesse che il Principale delega all’Agente si chiama “primario”. Mentre sono detti “secondari” gli interessi dell’Agente, estranei alla relazione di delega.

Tra Principale e Agente si determina Asimmetria informativa. E gli interessi secondari possono entrare in conflitto con gli interessi primari.

Se l’asimmetria informativa è elevata e gli interessi secondari intensi, l’Agente può commettere un azzardo morale: promuovere i propri interessi secondari.

Un flusso di situazioni e di eventi

Eppure tutti quanti interagiamo con la corruzione, ogni giorno, direttamente, o indirettamente. E questa interazione non è limpida e nemmeno lineare. L’interazione indiretta avviene tutte le volte che leggiamo su un sito o su un giornale la notizia di una indagine, o di un arresto oppure l’esito di un procedimento penale. Ma interagiamo indirettamente con la corruzione anche quando diventiamo destinatari o agenti di sistemi pubblici il cui funzionamento è influenzato dalla corruzione. L’interazione diretta, invece, avviene tutte le volte in cui cerchiamo una “scorciatoia” per interagire con la pubblica amministrazione: quando cerchiamo di raccomandare al politico o al funzionario un parente disoccupato che cerca lavoro, quando cerchiamo un professionista “ammanicato[3] con il Comune”, per sanare l’abuso edilizio che ci impedisce di vendere casa, oppure quando accettiamo di pagare una visita nello studio privato di un noto primario, nella speranza di essere trattati con un occhio di riguardo, quando saremo ricoverati nel “suo” reparto, dentro un ospedale pubblico.

Si tratta, senza dubbio, di interazioni che non hanno rilevanza penale. Sono gli atti di disonestà delle persone oneste[4], il sottobosco di sistematiche condotte immorali dentro cui, come un fungo, cresce l’azzardo morale, vale a dire l’evento penalmente o disciplinarmente rilevante.

Le interazioni disoneste e l’azzardo morale non possono essere tenute separate. Devono essere considerate insieme. E devono essere tenute in considerazione anche le distorsioni, più o meno sistematiche, che la corruzione innesca nei processi e nei sistemi pubblici. 

Prima” della corruzione abbiamo dei precursori della corruzione (il precursore più rilevante è il conflitto di interessi), delle dinamiche relazionali e dei dilemmi etici. “Dopo” la corruzione, abbiamo delle anomalie (temporanee o permanenti) che l’azzardo morale genera nel momento in cui manipola i processi della pubblica amministrazione.

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Possiamo quindi immaginare la corruzione come un flusso di situazioni e di eventi, come un fenomeno che evolve: nasce nella dimensione relazionale, passa attraverso la dimensione etica e  diventa un azzardo morale che si scarica nei processi pubblici gestiti nella dimensione organizzativa.

Questo modello di analisi dei fenomeni corruttivi, che noi chiamiamo Modello Evolutivo, è profondamente diverso dal Modello Penalistico, che invece riduce la corruzione all’azzardo morale, cioè la riduce ad un comportamento.

Il Modello Evolutivo non serve solo per spiegare la genesi dei fenomeni corruttivi: consente anche di valutare diversamente il rischio di corruzione e di identificare misure di prevenzione che agiscono su più dimensioni. Se, infatti, la corruzione è un processo lineare che attraversa tre dimensioni (relazionale, etica ed organizzativa), allora è possibile identificare strategie di trattamento del rischio che siano in grado di “bloccare” il processo di sviluppo dei fenomeni corruttivi quando si trova ad attraversare le singole “dimensioni"

  • misure di regolazione degli interessi e standard di gestione delle relazioni
  • sviluppo delle competenze etiche
  • misure di gestione e “protezione” dei processi
  • monitoraggio delle anomalie.

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Proviamo ad applicare quanto abbiamo detto “in teoria” ad una serie di casi concreti, che potrebbero verificarsi nella vita reale di una organizzazione pubblica, nello specifico di un Comune.

Armando Ammanicato e Renato Rivoti

Vediamo, con una breve storia, come potrebbe innescarsi una relazione a rischio di corruzione.  Prenderemo in considerazione la dimensione relazionale, in cui le persone entrano in connessione per soddisfare dei bisogni e adottano comportamenti che possono promuovere o minacciare gli interessi in gioco nelle relazioni.

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Analizzando la dimensione relazionale, analizzeremo anche una parte importante del cosiddetto “contesto esterno”, rilevante per la gestione del rischio: le aspettative dei portatori di interessi.

Il signor Armando Ammanicato ha bisogno di denaro: la sua azienda (una ditta individuale che realizza impianti elettrici civili e industriali) è in crisi e la sua ex moglie (in sede di divorzio) ha ottenuto dal giudice l’assegnazione della casa coniugale, l’affidamento esclusivo dei figli e un cospicuo assegno di mantenimento.

Il nostro protagonista ha bisogno di procurarsi del denaro, per far fronte alle diverse spese che caratterizzano la sua nuova vita: trovare una casa in cui vivere e mantenere i figli che abitano con la sua ex moglie. Ma la sua azienda è in crisi, quindi è probabile che percepisca questo bisogno come molto intenso: il suo pensiero fisso è come procurarsi quel denaro.  Deve trovare una strategia per soddisfare questo bisogno. Gli interessi sono proprio questo: strategie per soddisfare dei bisogni.

Il Signor Ammanicato è proprietario di alcuni terreni agricoli nel suo comune di residenza. Appartengono alla sua famiglia da molte generazioni, ma lui, non se ne è mai interessato. Se adesso riuscisse a venderli ad un buon prezzo, potrebbe ricavarci il denaro di cui ha bisogno. Ma quei terreni sono difficili da vendere: l’agenzia a cui si è rivolto è stata molto chiara in proposito: “i terreni agricoli non interessano a nessuno… Ma se diventassero terreno edificabili… allora ci sarebbe la fila per comprarli…”

Analizziamo bene la situazione, per identificare la rete di relazioni (passate, presenti e future) del signor Ammanicato. Il nostro protagonista ha dei figli e questa relazione (che sopravvive al “naufragio” del suo matrimonio) deve assicurare il loro mantenimento. Ha interesse a vendere i suoi terreni, per ricavare del denaro. Se non trova quel denaro, potrebbe entrare in conflitto con sua moglie. Ma il signor Ammanicato non può promuovere il suo interesse (vendere i terreni) da solo: deve entrare in relazione con altri soggetti: l’agenzia immobiliare e i possibili acquirenti. Per vendere più facilmente i terreni, però, il signor Ammanicato deve interagire con il suo Comune di residenza e presentare una richiesta di variazione d’uso, relativamente ai terreni di sua proprietà. E diventare destinatario di un procedimento gestito da una pubblica amministrazione. Questa semplice rete di relazioni è rappresentata nella figura (le relazioni passate o future sono tratteggiate):

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Questa rete non ha nulla di particolarmente rischioso, ma il nostro Armando Ammanicato  sta per diventare destinatario di un procedimento amministrativo: un procedimento a istanza di parte attraverso cui il Comune dovrà valutare l’opportunità di adottare una variante al proprio PGT (Piano di Gestione del Territorio). Si tratta di un procedimento che appartiene all’area di rischio specifica “Governo del Territorio” identificata da ANAC nel PNA 2015. Questo procedimento, dal punto di vista dell’Amministrazione Comunale, è orientato a promuovere una serie di interessi pubblici, che noi chiameremo più propriamente, “interessi primari”: il buon andamento dell’azione amministrativa e (come giustamente sottolineato da ANAC nel PNA 2019) la tutela di “risorse non rinnovabili, prima fra tutte il suolo, le cui funzioni sono tanto essenziali quanto infungibili per la collettività e per l'ambiente”[5]. Inoltre, la gestione del procedimento deve rispondere ad una aspettativa di imparzialità: la comunità locale si aspetta che l’amministrazione comunale non favorisca alcuni soggetti a discapito di altri.

Per il destinatario, cioè nel nostro caso per il signor Ammanicato, il procedimento è invece strumentale a promuovere il proprio interesse a trovare acquirenti per i propri terreni (e soddisfare il bisogno di soldi). Questi bisogni e questi interessi per il destinatario sono di primaria importanza. E il destinatario si aspetta che il Comune comprenda i suoi bisogni e i suoi interessi e, quindi, approvi la variante al PGT.

Il destinatario, insomma, ha una aspettativa di parzialità, che entra sistematicamente in conflitto con gli interessi primari del Comune. Questo determina una peculiare situazione di conflitto di interessi “inerente” (tra interessi primari della pubblica amministrazione e interessi secondari del destinatario).

Strategie perverse

Abbiamo detto che il conflitto di interessi è un “precursore” della corruzione. La corruzione, infatti, “risolve” il conflitto di interessi a favore degli interessi secondari in gioco: senza dubbio possiamo prevedere che un eventuale accordo corruttivo tra Ammanicato e un pubblico ufficiale avrà, come risultato, l’approvazione della tanto agognata variazione della destinazione d’uso. Tuttavia questo conflitto di interessi, da solo, non ha la forza di innescare il processo corruttivo. In un certo senso “manca il carburante”: ci sono troppo pochi interessi in gioco e sono troppo poco intensi. E poi manca il pubblico ufficiale: abbiamo il corruttore, ma ci manca il corrotto.

In realtà, ciò che innesca la catena di eventi che conduce alla corruzione è un certo uso che le persone fanno delle relazioni. Quando le persone cominciano a strumentalizzare le relazioni in una situazione di conflitto di interessi, allora la situazione comincia a essere a rischio.

Come accade, con un coup de théâtre, anche nel nostro caso

Ammanicato si ricorda di avere svolto, pochi mesi prima, dei lavori di rifacimento dell’impianto elettrico della casa del dott. Renato Rivoti, assessore all’Urbanistica del Comune. Ha ancora il suo numero di telefono, perché Renato Rivoti deve ancora finire di pagare i lavori. E decide di chiamarlo:“Buongiorno dottore, sono Ammanicato, l’elettricista… Avrei una faccenda da sistemare in Comune, relativamente ad alcuni terreni di cui sono proprietario… 

Armando Ammanicato ha architettato un piano perverso: usare in modo strumentale una reazione di debito economico, per trovare un alleato dentro il Comune. La strumentalizzazione rende ambigua la relazione: il signor Ammanicato che parla al telefono è contemporaneamente l’elettricista e il destinatario che interagisce con un Assessore che è anche un suo cliente.

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Questa ambiguità trasforma la relazione: i nodi possono sviluppare nuovi interessi e nuove aspettative. Le relazioni strumentalizzate sono il luogo in cui maturano gli scambi corruttivi, cioè le relazioni tossificate di scambio, che comportano una distorsione dei processi per favorire interessi secondari. I percorsi che conducono allo scambio corruttivo sono molteplici. Li abbiamo analizzati nel dettaglio nel nostro libro “L’etica delle relazioni dell’Agente pubblico”. E possiamo solo elencarne alcuni.

La mappatura dei processi

Il dott. Rivoti potrebbe non avere i soldi per pagare i lavori che Ammanicato ha eseguito in qualità di elettricista. Oppure potrebbe non volerlo fare. E quindi potrebbe saldare questo debito promuovendo gli interessi di Ammanicato in qualità di destinatario. Se questo accade, aumentano gli interessi in gioco: entrano cioè in gioco anche l’interesse di Rivoti a non pagare il proprio debito.

Oppure il signor Ammanicato potrebbe “aggiungere carburante” all’interno della relazione, andando a sollecitare alcuni ulteriori interessi del dott. Rivoti o dell’Amministrazione Comunale: potrebbe impegnarsi ad assumere la figlia dell’Assessore presso la sua ditta, oppure potrebbe impegnarsi ad eseguire dei lavori per il Comune a un prezzo “di favore”.

I termini dello scambio, insomma, possono essere di vario tipo, ma hanno tutti qualcosa in comune. Ma tutti questi possibili scambi corruttivi hanno dei tratti in comune:

  1. Lo scambio deve apparire vantaggioso a Rivoti e Ammanicato
  2. Lo scambio deve sembrare eticamente accettabile a Rivoti e Ammanicato
  3. Lo scambio, per realizzarsi, presuppone il coinvolgimento di altri soggetti che operano all’interno del Comune.

Per ora ci interessa il punto 3: Rivoti e Ammanicato non possono agire da soli, ma hanno bisogno dell’intervento del personale dell’amministrazione (dirigenti, posizioni organizzative, istruttori, ecc…) che dovrà valutare la richiesta di variante.

Non sappiamo se Rivoti e Ammanicato decideranno effettivamente di instaurare una relazione occulta di scambio corruttivo: questo esito dipende dal punto 1 (sostenibilità economica dell’accordo) e dal punto 2 (costi etici dell’accordo). Ma possiamo comunque identificare i processi in cui potrebbe scaricarsi l’azzardo morale. Possiamo cioè mappare i processi sensibili, che possono essere messi a rischio da una eventuale interazione “incontrollata” del destinatario con un componente degli organi di indirizzo politico.

La mappatura dei processi è una parte essenziale dell’analisi del contesto interno, che funge anche da “anello di congiunzione” tra contesto esterno e interno: i destinatari, infatti, hanno delle aspettative circa i beni e i servizi che possono ricevere dall’amministrazione e questi beni e servizi sono erogati attraverso i processi. 

Procedimenti e processi

Ci si è al lungo interrogati sulla differenza tra “procedimento amministrativo” e “processo”. Identificare la natura di questa differenza è sembrato fondamentale, da quando nel PNA 2015, ANAC ha proposto le famose “Correzioni di rotta” su alcune fasi del processo di gestione del rischio di corruzione”[6].

In realtà, questa differenza è abbastanza sfumata e non ha nulla di “sostanziale”. Quello che esiste all’interno di una organizzazione sono le attività svolte dagli uffici. Per dirla in modo estremamente semplice (e che farebbe orrore ai consulenti organizzativi): in una organizzazione vediamo “persone che fanno cose”, cioè attività.

Le attività possono essere descritte, cioè in un certo senso tradotte, in termini di procedimento o in termini di processo. La differenza tra le due descrizioni è colta in modo molto chiaro nel PNA 2019:

  • il processo è un concetto organizzativo [...] più concreto, in quanto descrive il “chi”, il “come” e il “quando” dell’effettivo svolgimento dell’attività e non “come dovrebbe essere fatta per norma”.

Il Procedimento descrive come devono essere fatte le cose per legge, il processo come le cose vengono fatte in realtà.

Un procedimento è un insieme di attività, vincolate dalla normativa, che può anche essere rappresentata come una sequenza di documenti. ll procedimento è astratto e non cambia da una amministrazione all’altra.

Un processo invece è un flusso che consente di attuare il procedimento in una specifica organizzazione.

Un processo può essere rappresentato:

  • Come una sequenza di attività “visibili” e “invisibili”
  • come una sequenza di momenti decisionali
  • come un flusso di informazioni

Attività visibili e invisibili

Il concetto di visibilità è strettamente connesso con il concetto di asimmetria informativa. Le attività di un processo sono “invisibili”, quando sono note solo all’ufficio che le gestisce, oppure quando sono gestite attraverso prassi informali, note solo ai soggetti che gestiscono il processo. Non esistono, insomma, per l’organizzazione. 

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Di solito le fasi “visibili” di un processo sono quelle previste a livello procedimentale (cioè previste dalla normativa) o che sono “standardizzate” da regolamenti o procedure adottate dall’organizzazione. Tuttavia, non è possibile standardizzare tutte le attività di un processo. Le procedure, infatti, hanno dei costi elevati per una organizzazione: richiedono tempo per essere scritte, validate, attuate e aggiornate; tendono a rendere meno snella la gestione del processo. Inoltre, la standardizzazione di un processo è semplice, quando il processo prevede flussi di attività operative lineari e pre-determinate. E’ invece molto più difficile, standardizzare processi poco lineari che contengono molti momenti decisionali. E molti processi gestiti dalla pubblica amministrazione sono fatti così.

Per esempio, il processo di valutazione di una richiesta di variante urbanistica ha un numero limitato di attività “visibili”: la ricezione dell’istanza e l’approvazione dell’atto di diniego o di concessione della variante sono attività “visibili”, per esempio. Invece, sono di norma “invisibili” (o non del tutto visibili) tutte le interlocuzioni che “stanno in mezzo” e che conducono alla decisione di approvare o negare la variante. Queste interlocuzioni (a seconda della tipologia della variante da valutare)  possono coinvolgere i dipendenti dell’ufficio, gli amministratori i professionisti, i proprietari e possono svilupparsi per un periodo di tempo molto lungo.

Molto spesso un azzardo morale può scaricarsi su più di un processo. Per esempio, tornando al nostro caso, se il dott. Rivoti dovesse intervenire per garantire ad Amminicato la rivalutazione dei suoi terreni, in cambio dell’impegno, da parte di Ammanicato, a svolgere lavori per il Comune a un prezzo “di favore”; allora ad essere minacciati sarebbero le attività dei seguenti processi:

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Molto spesso, le attività di un processo vengono analizzate usando il metro della “discrezionalità” e non della “visibilità”. Secondo noi la “discrezionalità” non è un buon indicatore di rischio: la discrezionalità è una prerogativa dell’agire amministrativo. Una attività discrezionale può essere visibile o invisibile. La visibilità di un’attività fa sì che essa possa essere sottoposta a un controllo e essere valutata dall’organizzazione, da organi di revisione e da osservatori qualificati. In questo senso, il concetto di visibilità può essere collegato al principio di “tracciabilità” espresso, ad esempio, dal comma 2 dell’articolo 9 del Codice di comportamento nazionale.

Invece, un’attività non visibile è più facilmente manipolabile, anche se non presenta livelli di discrezionalità particolarmente elevati.

Decisioni e informazioni

I processi di una pubblica amministrazione raramente sono sono processi di “produzione”, che trasformano operativamente un input (delle “materie prime”) in un prodotto finale o output. Quasi sempre, questi processi prevedono delle attività di tipo decisionale e delle attività di gestione delle informazioni necessarie a decidere.

Possiamo quindi rappresentare i processi come sequenze di attività e “collettori” di informazioni.

Misurare il rischio: la “visibility”

Possiamo identificare, quindi una prima “qualità” rilevante, da tenere presente per misurare il rischio di corruzione: la “visibility”:

  • Le scelte compiute nel corso del processo sono sufficientemente visibili e documentate. I flussi informativi sono trasparenti:
    • All’interno dell'organizzazione, le attività da svolgere, i ruoli e le responsabilità vengono assegnati secondo criteri certi e condivisi
    • Ogni interlocuzione, anche informale, con i Destinatari è adeguatamente documentata
    • Le decisioni prese o i provvedimenti adottati dall'organizzazione sono adeguatamente documentati e motivati
    • All'interno dell'organizzazione esistono chiare e condivise procedure finalizzate a gestire documenti, dati e informazioni prodotti o detenuti durante la gestione dei processi.

La “visibility” misura la forza delle asimmetrie informative interne ad una pubblica amministrazione o ad un sistema pubblico.      

Gestire il rischio.

In questo articolo abbiamo affrontato in un certo senso “l’ABC” del rischio di corruzione e abbiamo visto che:

  • Il processo di evoluzione dei fenomeni corruttivi viene innescato da un certo modo di gestire le relazioni
  • il rischio di corruzione aumenta in presenza di asimmetrie informative (scarsa “visibiity”)

Questi aspetti del rischio di corruzione possono essere gestiti:

  • Introducendo standard di gestione delle relazioni della sfera privata e professionale (“ecologia delle relazioni”)
  • garantendo la tracciabilità delle informazioni e dei processi decisionali

 

 

[1] ISO 31000: UNA DEFINIZIONE DI RISCHIO DIFFICILE DA COMPRENDERE

[2] Gestione del rischio: dagli standard ISO alle applicazioni per i sistemi a supporto delle decisioni (DSS), Safety and Security (2020)

[3] Che dispone di appoggi e protezioni presso persone influenti, con un senso di complicità e omertà

[4] “La disonestà delle persone oneste”

[5] Piano Nazionale Anticorruzione 2015, Parte Speciale - Approfondimenti, § IV - Governo del Territorio.

[6] PNA 2015, §§ 6.2 - 6.3

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